È sempre più evidente, negli ultimi anni, come il completo disimpegno dello Stato sudanese per le proprie aree rurali, storicamente e ripetutamente colpite da siccità e carestie, ed il coincidente interesse imprenditoriale allo sviluppo della capitale Khartoum come “nuovo svincolo commerciale”, siano stati i più concreti fattori di disorganizzazione infrastrutturale (dai servizi di base ai disincentivi per la piccola imprenditoria) e di discordia civile, spingendo all’insorgere di gruppi di ribellione e indipendentisti, concentratisi nel Sud del Sudan e nel Darfur. Fatto non noto è che l’accesso alle risorse primarie del territorio sia stato determinato da un disinteresse per la fertilizzazione delle terre aride, e da una conseguente sperequazione distributiva di beni e nuovi mezzi di sussistenza tra aree abitate, già nel sistema coloniale del Regno Unito: solo una pubblicazione universitaria (NewYork, 1987) ci riporta che di tutti i 1169 progetti agricoli inglesi sorti dal 1955 in Sudan, nessuno interessò il Darfur (regione grande quanto la Francia). Non mi sembra azzardato suggerire che la desertificazione che ha contrassegnato quell’area, in particolare negli anni ’80, sia dipesa da una specifica relegazione di questa all’ambito meramente estrattivo.

Le connotazioni etniche delle rivendicazioni sociali cui si attribuiscono le cause degli ultimi 40 anni di rivolgimenti intestini, invece, sorgono ben più specificatamente da differenze modali di radicamento/presenza sul territorio: l’avversione tra comunità nomadi e lcomunità stanziali, la loro distanza negli usi, costumi e di prospettive, è servita poi alle strategie di governo come pretesto per affilare il contrasto tra quelle e giungere ad impedire una qualsiasi convivenza tra etnie, finanche questa fosse ghettizzata tra campi profughi e spazi di controllo armato, rendendo estremamente e drammaticamente faticoso il percorso di resistenza alla sua dittatura, resistenza formalmente dichiarata quando alcuni ribelli organizzatisi per la liberazione del Sud tentarono azioni di sabotaggio contro l’esercito ufficiale del golpista Omar Bashir, autoproclamatosi presidente nel 1989 e già in precedenza Generale contro le truppe indipendentiste.

Sfruttando la ferocia di un gruppo di mercenari islamisti denominati janjaweed (“demoni a cavallo”) dal 2003 Al-Bashir caratterizzo la sua autorità politica con omicidi di massa fuori controllo che proseguono ancora oggi. Assicurando copertura paramilitare ai Janjaweed (confermata dal Tribunale dell’Aja) e propagandando in maniera autocelebrativa la fratellanza musulmana, macchiò il suo governo della responsabilità come mandante di rapimenti, stupri, assassinii e bombardamenti dell’aviazione nazionale sui villaggi (l’80%), oltre che di tagli all’accesso alimentare e sanitario per le crisi climatiche in Darfur.

Soltanto nel 2010 la Corte penale internazionale ammise la definizione di “genocidio”, accuse rigettate dalla stessa Unione Africana (..pur mandando i caschi bianchi..).

Si contavano 300.000 morti e 2.700.000 sfollati, per lo più donne e minori.

Per evitare semplificazioni ideologiche, è doveroso considerare che le tribù sudanesi sono circa 400, con forte commistione di credo religiosi. La matrice islamica è stata attribuita alle sole milizie non governative in maniera strumentale tanto dal regime sudanese (il quale, dichiaratamente ispirato alla Fratellanza Musulmana, applica la Shari’a) quanto dalla propaganda statunitense d’intervento umanitario. Pare, comunque, che il fondamentalismo religioso di Al-Bashir non gli abbia impedito di mettersi a disposizione dell’intelligence americana.

Si può dire che l’intervento Onu-Unione Africana di peacekeeping avviato nel 2007, la missione ‘UNAMID’, abbia fallito nel tentativo di condurre a un ridimensionamento del regime a direttive internazionali. Firmando il Trattato di pace impostogli dall’ONU, Al-Bashir accettò almeno di concedere un referendum nazionale che permise il riconoscimento dell’indipendenza del Sud Sudan, ma fu poi però in grado di raggirare la campagna che invocava il disarmo e la sua destituzione ricorrendo a brogli elettorali, nel 2010, che anzi gli permisero di attribuire una più solida legittimazione ed immunità alle proprie politiche e milizie. Mentre le truppe UNAMID furono dimezzate, infatti, l’indefinita schiera di assassini e predoni islamici detti janjaweed venne così riorganizzata in veste formale come Rapid Support Forces. Da che godettero di ufficialità governativa, le RSF vennero presto dispiegate per il controllo del confine con la Libia, essendo Al-Bashir molto affine e collaborativo nei confronti di Gheddafi.

 

Come accennato, i campi profughi non sono mai stati al sicuro. Varie sono le testimonianze, negli anni, di come militari e paramilitari del governo abbiano aperto il fuoco anche all’interno delle aree civili protette all’Est ed a Sud del paese. Il dimezzamento del contingente Unamid nel 2010 sembra essere dipeso molto, oltre che per i costi elevati di finanziamento, proprio dal riscontro di una sua inefficacia, sotto più frangenti, nella difesa della popolazione.

Anche gli aiuti umanitari, nell’arco di 15 anni, sono diminuiti: solo l’anno scorso, 2017, il World Food Programme ha licenziato buona parte del personale sudanese lasciando in difficoltà sia le corrispettive famiglie che circa 8.000 persone che poggiavano sull’assistenza alimentare.

La repressione di ribelli e civili, durante almeno il primo decennio, ha poggiato sull’aiuto della Cina per i rifornimenti militari: il Sudan vi si è indebitato per 25 Miliardi, offrendole in cambio 2/3 del proprio oro nero. I giacimenti non ceduti ai cinesi sono di proprietà della Total (FR). Oltre a pozzi petroliferi e di gas, nel Darfur si trovano tra i maggior giacimenti al mondo di uranio e rame, nonché 2/3 della produzione totale di gomma arabica (proprietà Coke/Pepsi).

 

$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$

 

Nel 2015 l’Ue e l’Unione Africana al vertice de La Valletta definirono un piano afferente al ‘processo di Khankoun’ di “lotta alle cause della migrazione irregolare, protezione e asilo, migrazione legale, lotta alla tratta e al traffico di esseri umani, ritorno e reintegrazione”; avvalendosi di un “fondo fiduciario d’emergenza” (EUTF) del quale l’Italia è stato il maggior contribuente (102 milioni di euro).

“I progetti vengono realizzati da organizzazioni internazionali e agenzie per lo sviluppo degli Stati membri in collaborazione con organizzazioni non governative locali e sotto la coordinazione dei rispettivi Governi, che però non ricevono finanziamenti diretti”, secondo le linee del piano. Per tanto non fa scalpore che l’80% delle risorse del fondo provenisse dal Fondo Europeo per lo Sviluppo (FES) e un altro 15% dalle casse per la Cooperazione allo sviluppo (Devco), le politiche di vicinato (DG Near) e di affari inteni (DG Home). L’idea di sviluppo locale, sia nei programmi di attuazione concreta del piano che dalle discussioni stesse dei parlamentari europei, comincia e finisce con l’obiettivo contenitivo dei flussi migratori. Sembra che la violenza estrema di alcuni regimi possa essere risolta con l’incentivo alla “capacity building”. E ancora una volta si vuole eludere che le più grandi potenze mondiali (quelle che per l’Eu sono partner, quando non componenti interne) abbiano avuto impatti drammatici su quei territori senza ammissioni di responsabilità.

Non si capisce come il processo di Khankoun intenda declinare il piano di “sostegno politico” nei confronti dei rappresentanti di dittature africane, se ogni istanza indipendente dai regimi viene fatta tacere con carcere (soprattutto in Etiopia) od omicidi di massa.

 

Le istituzioni internazionali di competenza, mentre proclamano retoricamente la “difesa del diritto d’asilo”, continuano a suggerire e incentivare ancora o la segregazione dei profughi od un loro paradossale rimpatrio.

Nel luglio 2016 l’Eu propose di stanziare al governo sudanese 100 milioni per fermare le fughe di profughi da paesi del Corno d’Africa (Somalia, Eritrea, Sudan, Etiopia: tutti paesi in stato di guerra) specificando di voler incentivare la capacità di sorveglianza delle truppe sudanesi (veicoli ed equipaggiamento, pure le divise..). Il mese stesso oltre 500 migranti sono stati presi dalle RSF e chissà quanti altri ancora, senza possibilità di reclamare alcun diritto, né senza controllo dell’UNAMID su questo genere di operazioni di polizia in quanto eseguite, a quel punto, con il consenso (o meglio l’indicazione con mazzetta) delle autorità europee. Il segretario del Sudan People Liberation Movement ed alcuni ambasciatori ONU già dopo pochi mesi denunciarono ad African Express indiscrezioni sui finanziamenti arrivati alle RSF dalla Germania e il “supporto logistico” fornito loro dall’Italia. Membri della Commissione europea per lo Sviluppo e della Sottocommissione per i Diritti umani hanno perciò richiesto di aprire un’inchiesta.

A Ventimiglia, quell’estate, anche i capi di polizia Italia-Sudan si accordarono per il rimpatrio forzato di 48 richiedenti asilo appena sbarcati. Il ricorso presentato prontamente da alcuni di loro ha ottenuto il dovuto riscontro dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, anche in termini di “violazione di diverse norme della Convenzione di Ginevra” da parte delle autorità di polizia F.Gabrielli e H.O.Hussein.

Ma la collaborazione italiana con le istituzioni di Kanthoun per il rafforzamento delle frontiere non è certo sporadica. Risale al 2006, infatti, l’insediamento di delegati e operatori che Cooperazione italiana attraverso strutture-pilota (MRRC) presentatesi alla visita dei delegati UNCHR come centri di ascolto, consulenza legale, counseling psicologico, assistenza medica di base e indirizzamento verso la migrazione legale.

Nel 2014, sancendo già un importante punto di accordo con l’Europa, il Sudan promulgò una legge che punisce la tratta di persone con 20 anni di reclusione, minaccia penalista che ha costituito un deterrente minimo e marginale, visto il grado di corruzione, e costituisce soltanto unulteriore impedimento della popolazione alla fuga da una situazione di tragica instabilità.

Italia ed Eu, nel tentativo di esternalizzare i propri confini, anziché risolvere il problema della tratta dei migranti hanno finito per promuoverne la ‘messa a norma’, per di più affidandone la gestione agli stessi mercenari che hanno fatto carriera in governi repressivi. Pensare che sia conveniente affidare il compito di trattenere migranti o respingerli (molti scappano da Etiopia ed Eritrea) a milizie che hanno trucidato per anni ribelli e spazzato via villaggi interi significa non solo affidarvisi ingenuamente, ma compromettersi con mandanti e garanti di esecuzioni criminali. Allontanando dal Mediterraneo l’onere dell’applicazione della giustizia, chi necessita asilo rimane ancor più soltanto un’eco dispersa nel deserto sahariano. Si presume che in Libia siano recentemente stati bloccati oltre 150.000 profughi originari del Corno d’Africa.

A dimostrare la vanità di questo tipo di accordi intergovernativi, nella prima metà del 2016, 250 civili sudanesi sono morti e altri 6 milioni sono stati ricoverati d’urgenza per gravissime ustioni e lesioni corporee provocate da armi chimiche utilizzate dall’esercito di Bashir: 30 raid su circa 170 villaggi in cui, secondo le ong, “non vi erano ribelli armati”. Alcuni sono scappati sui monti, altri sono stati portati nei campi profughi, da sommare ai 2 milioni e mezzo degli ultimi anni.

 

Tuttavia i finanziamenti EU al Sudan non sono stati sospesi, anzi. Assecondando le pressioni di Ghandour sul finire del 2016, pochi mesi dopo la cifra salì a 215 milioni di euro, assicurandone la destinazione di “supporto umanitario”. Ghandour aveva insistito anche per ottenere la revoca delle sanzioni Usa. Mentre la Germania non nasconde affatto il suo contributo ai corpi di polizia di Al-Bashid. Un delegato ufficiale tedesco a Berlino ha recentemente dichiarato che questa “cooperazione è iniziata da 10 anni”. Ne vanno fieri, insomma.

Addirittura il portavoce dell’Organizzazione internazionale per la migrazione (Oim) Lobasso ripone totale fiducia nelle collaborazioni intraprese con la polizia sudanese, difendendo l’intesa firmata Gabrielli-Hussein nell’agosto precedente (e già messa a reato) come importante atto di intelligence per l’identificazione di irregolari e della tratta. Identifica il flusso migratorio come un probema che impedisce lo sviluppo del Sudan anziché conseguenza di contingenze politiche innescatesi con atroce violenza su fattori climatici già drastici e mai curati. Al contempo, Lobasso prende parossisticamente le distanze dalle accuse di violazione dei diritti ricordando che secondo i piani europei “non c’è aiuto diretto al governo”… Come se le forze dell’ordine di cui si parla fossero disgiunte da un regime che le incita a repressione armata e persecuzione etnica da 39 anni!

Di fatto, l’Africa-Express ci informa che gli interventi legali sui migranti comportano frustate, pene pecuniarie e detenzione amministrativa in vista di processi e rimpatri forzati il cui esito drammatico si può ben immaginare. La legge contro la tratta non infierisce eccessivamente sui guadagni della polizia sudanese, che trae proventi multando i fuggitivi, in maggioranza eritrei ed etiopi. Oltre a ciò, il costo dei visti è aumentato. E il capo delle RSF Hametti ha già chiarito caldamente come il loro impegno nel controllo delle frontiere in Africa si poggi sul ricatto all’Europa di fondi monetari.

 

Non c’era bisogno di attendere l’indagine di Global Health Advocates (con riguardo alle destinazioni finanziarie in Niger e Senegal) sull’effettivo sbocco dello stanziamento dell’EU Trust Fund per capire che a Brussel non interessa la cooperazione allo sviluppo, quanto piuttosto risolvere la nostra emergenza frontiere escludendo gli interventi delle Ong. Il Trust Fund si applica a progetti non duraturi, di cui non si conoscono i criteri di assegnazione e che non propongono una reale pianificazione di ripresa con i locali. Non c’è “nessun bando pubblico”, e molti interventi nelle aree bisognose di sostegno agro-alimentare, scolastico e sanitario, sono stati negati per preferire quelli sul controllo fisico delle migrazioni. Appare infatti che nel 2017 gli ingressi irregolari in Europa siano diminuiti del 63%. Anche Diverted Aid riporta dati di come gran parte di quel fondo sia stato assegnato ad Agenzie per la Sicurezza.

Si può dire che nel corso di alcuni attacchi ai campi le basi Unamid hanno fornito un supporto per lo meno passivo, come nel marzo 2014, quando circa mezzo migliaio di rifugiati è scappato dai roghi appiccati alle loro tende nel campo di Khor. Eppure un tale tipo di supporto, indiretto e non programmato, non ha nulla a che vedere con la “collaborazione tra governo sudanese e intelligence americana” per la lotta al terrorismo decantata dalla Casa Bianca di Obama ed ora Trump, che su questi fantomatici risultati diplomatici avrebbero deciso di interrompere le sanzioni al paese sul greggio, sottoposte al paese per 20 anni. Oltre il velo del terrorismo sul terrorismo, vi sarebbe in realtà un gioco di interessi ricamato da Israele e Arabia Saudita a cui gli USA si sarebbero prestati, tramite la revoca dell’embargo, per evitare l’avvicinamento finanziario e politico tra Sudan ed Iran.

Nel frattempo gli italiani, come si evince dalle parole del presidente di Confindustria-Assafrica G.Ottati, puntano a portare sempre più industriali italiani a Khankoun (!), tanto per infilare il dito nella piaga delle discrepanze di sviluppo tra la capitale e aree in carestia ed offrire supporto tecnologico ad una dirigenza che ancora si fa spazio versando il sangue della popolazione, per rgioni di dissidenza ma anche puramente etniche. Ghandour offre così alla nostra classe imprenditoriale “l’opportunità di fare affari” in periodo di “pace” per arginare il crollo dei loro proventi in seguito alla perdita di controllo sui pozzi del Sud ed alle sanzioni americane.

La revoca di queste sanzioni era inoltre auspicata dall’asse Italia-Sudan nell’obiettivo di ripresa economica. Lobasso, a Roma per la terza Sudan Country Presentation (ogni due anni dal 2013), ha lodato la presidenza di Al-Bashir per aver dichiarato un cessate il fuoco di 6 mesi e la cessazione delle ostilità richiesta dall’Unione Africana, aprendo corridoi umanitari per Darfur e Nilo Blu e infine accettando parte dell’opposizione parlamentare nell’esecutivo. Insomma, tutto gli pare formalmente pronto per investire sul territorio e aumentare l’importazione di prodotti italiani. A riguardo, non potevano mancare incontri come quello tra Gentiloni e il ministro degli esteri sudanese Ghandour durante la sua visita all’Expo di Milano.

 

Nonostante questi ottimi pronostici nostrani, il 2018 è cominciato con una dichiarazione di guerra a propaganda jihadista da parte di Al-Bashir contro le proteste popolari per il carovita. Appellandosi all’ideologia dei Fratelli Musulmani, la latitanza di questo uomo di potere rispetto alla condanna della Corte Penale Internazionale è sconcertante, ma gli accordi italiani ed europei hanno instaurato con il suo governo non sono da meno.

 

Nel Darfur che affronta costantemente la carestia, 2 milioni e mezzo di profughi interni continuano a vivere nel terrore di subire assedi dagli apparati terroristici governativi. A ottobre 2017 le RSF hanno rapito e violentato una decina di ragazzine nella città di Kutum. Un mese dopo l’esercito sudaneseseha compiuto un altro attacco etnico nel campo profughi di Kalma, in cui tra 124.000 persone si riparava anche un’alta concentrazione di ribelli del Movimento di Liberazione del Sud. Anche se non è raro che i militari di Bashir sfruttino mandati logistici (rifornimento di munizioni, per esempio) come scusante ufficiale che permetta loro la penetrazione di zone protette e difacili stragi punitive, la missione Unamid dopo 10 anni di presenza sul territorio non pare in grado di evitarli né di voler reagire. 

 

[1] Il “Processo di Khartoum” prevede che l’Eritrea riceva 300 milioni di euro dalla Commissione europea, oltre a somme minori, direttamente dal nostro governo, per progetti di sviluppo per ora non identificati. Già nel 2007 la Commissione europea aveva stanziato 122 milioni di euro di aiuti con l’obiettivo di stabilizzare l’area regionale che l’Eritrea contribuiva grandemente a destabilizzare (dando supporto agli Al Shabaab somali e interferendo nel processo di pace in Darfur). L’esperienza degli accordi stipulati dal governo Berlusconi con Gheddafi ci dice che il risultato fu quello di favorire la tratta, permettendo una migliore organizzazione grazie ai denari estorti ai migranti stessi per uscire vivi dai centri di detenzione, spacciati come campi di accoglienza. https://www.welfarenetwork.it/priorita-dell-europa-e-dell-italia-fermare-i-migranti-del-corno-d-africa-20150808/

///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////

 

focus sul SUD SUDAN

La crisi in Darfur continua, eppure è proprio dal Sud Sudan di cui era stata proclamata l’indipendenza che molti scappano, costantemente, dallo scoppio della guerra civile nel 2013 a Juba. Makar, leader dell’opposizione, anche etnica, al neo-governo, schierando bande armate nella capitale per ottenere piena gestione dell’area petrolifera, ha portato alla fuga di molti tecnici cinesi. Il presidente Kiir ha avuto invece l’appoggio degli attivisti ugandesi che avevano sostenuto le battaglie per l’indipendenza, e della nuova alleanza nominata Sudan Revolutionary Front. Ciò bastò ad Al-Bashir per sentirsi nuovamente sotto minaccia; unì la strategia difensiva ad una nuova opportunità d’investimento nelle ricchezze petrolifere offrendo i tecnici sudanesi per la riattivazione gli impianti di estrazione e squadre militari di sicurezza. Negli anni a seguire gli eserciti del Sud, sia della presidenza che dell’opposizione, si sono resi responsabili di crimini di guerra stipendiati (roghi di minore e disabili, stupri e mutilazioni). Nel 2015 firmarono un’intesa di pace prontamente disillusa.

L’ONU, con 8,3 miliardi di dollari di budget per missioni nel paese, contava 13.000 caschi blu che tuttavia vennero spesso tacciati dalle Ong presenti di restare barricati nelle loro basi duranti gli attacchi subiti dai civili sia a Juba che nei campi profughi. Unicef riferì anche come oltre al rischio di malattie ed alle carenze primarie, 20.000 minori fossero stati forzatamente reclutati.

Alle organizzazioni umanitarie veniva impedito di intervenire per lo meno sull’urgenza alimentare, anch’essa grave (restavano privi di aiuti 4,8 milioni di persone) nonostante la dichiarazione di Kiir dello stato di carestia e la ripetuta promessa diplomatica di garantirne il libero accesso. Anzi, con il crollo del prezzo del greggio, il Sud Sudan tassò ogni categoria di lavoratore straniero, compresi quelli di Ong come MSF, INTERSOS, AVSI, CUAMM. Dai 100$ pagati in precedenza precedenti, si passò a 10.000$ annui per ogni professionista.

Fino a 5 anni fa l’UNHCR riveriva di mezzo Milione di sfollati dal Sud Sudan negli vicini stati dell’Uganda, d’Etiopia, e della Repubblica Democratica del Congo. Naturalmente tutt’oggi non viene “compreso” dalle autorità europee che queste persone, anche una volta riuscite ad allontanarsi dallo stato di assedio, tendenziosamente non godono di diritti, di cittadinanza, di potere economico tale da poter acquistare visti e passaporti o riscattarsi in terra straniera.

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

[utlimo aggiornamento: febbraio 2018]

Elenco dei brevi articoli che ho messo a confronto per dare un’idea del tipo di regime statale sudanese e dei rapporti tra questo e l’Unione Europea e come siano recentemente recepiti dai media:

https://www.un.org/press/en/2005/sc8351.doc.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Seconda_guerra_civile_in_Sudan

https://it.wikipedia.org/wiki/Omar_Hasan_Ahmad_al-Bashir

http://www.nigrizia.it/notizia/la-strategia-di-bashir-a-juba

http://www.michaelvittori.it/storia/guerra-in-darfur/

http://www.conflittidimenticati.it/conflitti_dimenticati/conflitti_nel_mondo/00004586_Sud_Sudan.html

http://www.adnkronos.com/aki-it/sicurezza/2014/04/30/sudan-attaccati-bruciati-campi-profughi-darfur-vittime_xDReqa5tN8YXTYC9nIKcTN.html?refresh_ce

https://www.infoafrica.it/2014/06/20/darfur-cpi-critica-inazione-consiglio-di-sicurezza-onu/

http://www.corrieredellemigrazioni.it/2015/03/24/processo-di-khartoum-sapete-cose/

http://dbflorindo.blogspot.com/2015/05/sud-sudan-i-ribelli-attaccano-i-pozzi.html

https://www.welfarenetwork.it/priorita-dell-europa-e-dell-italia-fermare-i-migranti-del-corno-d-africa-20150808/

https://haasinstitute.berkeley.edu/sudan-and-international-criminal-court-revisited-dilemma-retributive-justice-and-question

http://www.onuitalia.it/missione-in-sudan-del-ministero-degli-interni-e-del-ministero-degli-affari-esteri-e-della-cooperazione-internazionale-sul-tema-migratorio/

http://www.lettera43.it/it/articoli/politica/2016/07/13/sud-sudan-la-crisi-in-5-punti/199242/

https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07/31/ue-lo-scandalo-degli-aiuti-militari-al-sudan-in-chiave-anti-migrazione/2944998/

https://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2016/08/19/news/sud_sudan-146249767/

https://www.sem.admin.ch/sem/it/home/internationales/internat-zusarbeit/multilateral/regio-migdialoge/karthum-prozess.html

https://euobserver.com/migration/134215 (EU funds for Sudan may worsen fate of refugees)

https://www.a-dif.org/2016/09/05/sudan-nella-guerra-contro-i-migranti-litalia-finanzia-e-aiuta-i-janjaweed/

https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2016/10/accordo-polizia-Italia-Sudan_rev.pdf

http://www.sudantribune.com/spip.php?article60551

http://openmigration.org/analisi/come-viene-usato-il-fondo-fiduciario-per-lafrica/

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Sudan-Darfur-4b102e9f-9739-48a7-8ae8-8b8cbc84789b.html

http://dbflorindo.blogspot.com/2017/02/sud-sudan-sarebbero-17000-i-bambini.html

http://www.corriere.it/esteri/17_febbraio_22/armi-chimiche-civili-darfur-prove-contro-militari-sudanesi-db27fb78-f915-11e6-ae6b-f2dcdeebb2b6.shtml

http://www.fabionews.info/View.php?id=20775 (Libia Mercato di schiavi. Sudan il tragitto della morte)

http://www.africa-express.info/2017/03/01/accordo-sui-migranti-con-il-sudan-europa-e-italia-complici-delle-violazioni-dei-diritti-umani/

http://www.askanews.it/esteri/2017/05/09/migranti-ambasciatore-italiasudan-sotto-stress-a-confine-libico-pn_20170509_00026/

http://www.askanews.it/esteri/2017/05/09/ambasciatore-in-sudan-italia-si-prepara-a-revoca-sanzioni-usa-pn_20170509_00027/

https://euobserver.com/migration/137489

http://sicurezzainternazionale.luiss.it/2018/07/13/sudan-esteso-cessate-fuoco-ribelli-dicembre-2018/

http://www.africanews.com/2017/07/03/sudan-extends-ceasefire-in-three-regions-ahead-of-us-sanctions-lifting/

http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2017/09/11/news/trust_fund_africa_fondi_per_lo_sviluppo_usati_in_modo_opaco_e_dannoso_-175223322/

https://www.osservatoriodiritti.it/2017/09/25/cooperazione-allo-sviluppo-unione-europea-africa/

http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2017/11/07/news/darfur_la_crisi_nella_regione_s_e_aggravata_numerose_le_violenze_nei_campi_profughi-180493987/

https://www.lavocedinewyork.com/onu/2017/11/15/darfur-lonu-dimezza-i-peacekeepers-ma-le-violenze-sono-allordine-del-giorno/

http://www.concorditalia.org/blog/2017/11/23/partenariato-o-condizionalita-dellaiuto-nuovo-rapporto-sul-fondo-fiduciario-dellunione-europea-di-emergenza-per-lafrica/

https://www.lindro.it/sudan-via-le-sanzioni-degli-usa/

http://www.repubblica.it/cronaca/2018/01/11/news/rimpatri_di_massa_la_corte_europea_dei_diritti_dell_uomo_ammette_i_ricorsi_dei_migranti_sudanesi-186256806/

https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/01/11/sudan-respingimenti-migranti

http://www.sudantribune.com/spip.php?article64827

https://www.vuetel.com/giovanni-ottati-incontra-il-ministro-degli-esteri-ghandour/

http://www.askanews.it/esteri/2018/02/08/sudan-ministro-degli-esteri-aziende-italiane-interessate-a-investire-pn_20180208_00071/