Superato il ponte sulla Dora mi ritrovo immersa in una distesa di scatole e scartoffie, qua e là qualche esile sgabello. Tracce ancora manifeste, come ostinate, sparpagliate lungo le diramazioni pedonali, incrostate ma la cui toponomastica sembra indelebile, dalla storia che ha memoria di sé nei segnali rivendicativi che colorano cigli e saracinesche. Percorsi che incanalano come da un vento carnevalesco d’altri tempi, testimone di un presidio rionale ora minacciato da una riqualificazione urbana coatta, le cui opere sono progettate per ostruire la vista della volta celeste alle balconate di periferia e negare alle piazze il ricordo del ciclo solare.

Mi oriento tra rarefatte costellazioni di qualche cimelio dell’usato, sfuggito umilmente alla chiusura serale del mercato lasciandosi sommergere dagl’ineffabili scarti di bancarella. Unica compagnia, il fragore ancora distante di carri netturbini, la più virtuosa rappresentazione possibile della cecata illusione apollinea. Contestualizzandone il passaggio, mi si palesa che non viga alcun favore comunale per il collocamento di cassonetti proprio in questi tratti storici e popolari, come a sfregio per il loro testardo, indefesso, brulicare di convivialità.

Un passante mi chiede un accendino. Gli sfugge, appicciando compiaciuto una marlboro, un tentativo stridente di sarcasmo:

-E poi dicono che il vero problema politico resta la riproduzione dei ceti poveri!- Impietrisco, ma non concedo.

M’ha scorta tra oggetti configurabili come spazzatura, se mi vuol provocare non basterà l’aridità di un credo malthusiano. O citava qualche ministro? Con un più alto reddito si ottiene la possibilità economica di fare dei grandi danni, tutto qui. Del suo sorrisetto non so che farmene, ho imparato a non sprecare sguardi. E non intendo distrarmi, che ho appena cominciato a suddividere i rifiuti in mucchietti..

Ah, ora impallidisce?! Se proprio non si allontana subito, su qualche neurone parasimpatico che provi un minimo di vergogna posso quindi contare. Si avvicina di nuovo, quasi ad annusarmi.. Mi scanso. Mi cede un sacchettino della farmacia. Que? IXEL? Prescrizione antidepressiva! Dovrei sentirmi grata? Quasi il colmo.. dall’insulto all’indigenza perchè non rientra in iter di efficienza e competizione, all’esternazione passiva dell’incapacità di sopportare dolore, ansia, tristezza, fatica di vivere.. Una pillola per rinchiudere la vitalità dei sensi in una realizzazione ormonale, magari calibrando lo stress cellulare secondo tempistiche contrattuali?

Gli riporgo il sacchetto con una bella smorfia. Che poi, sarà mica uno di quelli pronti a denunciare ogni fratello che non trovi altra illusione di riscatto che arrabattarsi nell’illegalità? Non vedo sostanziale differenza tra i clienti di un farmacista e quelli di un pusher.. e poi se vogliamo nemmeno tra questi due figuri e uno shamano, se non nel contesto di saperi che coltivano e relazioni di cui si avvalgono e che gli conferiscono una certa aura di fiducia.

Quale concetto di guarigione ci resta, adesso?

Butto il sacchetto per terra e gli chiedo se vuole che differenzi pure quello. Il tizio deglutisce, ragionevolmente pentito di essersi approcciato. Invece di fare il cascamorto notturno si degnasse di capire da che parte della barricata si sta trovando, avendo le scarpe in uno snodo nevralgico per la resistenza di quartiere alla lottizzazione bancaria e gentrificatoria torinese. A malapena possiamo sognare una qualche libertà dai rapporti di dominio!

Eppure, molti degli appigli che trattengono le società contemporanee dall’autodistruzione sono germogliati tra le pietre di qualche crollo strutturale… Come dal nulla, un motorino, zig-zaga a scheggia tra i rifiuti provocando un piccolo vortice per ogni mucchietto che ho raccolto. Tento di abbracciarne uno perché non si sparpaglino tutti, ma quello mi nota, si stizzisce, sosta-sgasa-sputa verso di me e si riversa al di là del fiume Dora. Ecco.

Quello lì era proprio un meccanismo, non una persona. Uno di quelli che non mi riconoscono appartenenza ai luoghi in cui mi ritrovo, che non immaginano nemmeno la scelta di aspettare l’alba riassettando, come fosse il proprio salottino, una piazza. Se mi trattano da pazza, negra, poveraccia, io li studio in quei loro automatismi. Ormai ci ho fatto il callo, anche se sono tanto giovane. Il ragazzo del farmaco invece resta colpito, come se non fosse abituato a subire una prevaricazione diretta, di strada. Allora, dov’era finito il suo sdegno contro i poveri?

E devo ribadirlo. Frasi come quella su cui ha scherzato all’inizio possono scoprire ferite profonde. Dove si combatte senza compromesso ambientale, consapevoli di avere un nemico nella distribuzione di un benessere che non guarda affatto all’equilibrio naturale, veniamo ancora uccise vigliaccamente.

solo senso di appartenenza al luogo in cui vivo, quello sì.. ancor più perché lo vivo nomade!

Oh, sarà vero che le coscienze spesso non s’avvedono finché non sperimentano.. Ma il mondo è pieno di percorsi di convivenza organica, di reminescenze di quanto la cura di sé si intrecci a quella del proprio ambiente, di culture che non rinunciano a una personale impronta politica, che non scadono nella trattazione macrofaga che immola le risorse naturali sugli altari monolitici della speculazione, concependo i propri bisogni senza che questi prosciughino le risorse e si convertano in cause antropiche di catastrofi climatiche. Il valore che si attribuisce ad un’accumulazione senza coscienza dei legami che intratteniamo, volenti o nolenti, non ha nulla a che vedere con l’equilibrio sociale

: – Senti, tu sei qui buttata in strada, io ho casa, e le MIE cose! Sarò anche fortunato perché posso attingere da un sistema di sfruttamento, o come lo chiami tu, ma non posso farmene un problema personale, non mi sento colpevole e non cambierebbe peraltro nulla. Se esiste ancora chi è disposto a lasciarsi sfrutttare per guadagnare due soldi, non riguarda le mie scelte. Io per non finire a lavorare in catena di montaggio ho studiato, aiuto le persone che lo chiedono e non costringo nessuno a seguire il mio approccio farmacologico. Mentre  tu con la tua presunzione di superiorità da dove arrivi? Non ti facevo messicana.. Hai tratti indecifrabili, sarai sicuramente un’ibridazione, ma sembreresti dolce a bocca chiusa.. – ( ! ) Ecce homo. Per esimersi da una possibile riflessione sul proprio contesto si stava già appigliando a qualche cliché etnografico condito di complimento standardizzato a mo’ di captatio benevolentia machista? – Cerchi di affibbiandomi tratti di dolcezza che mi renderebbero più appetibile del ragionamento che sto portando avanti?! Non c’è interruzione che mi faccia più imbestialire, proprio mentre mi aspetterei una qualche critica ponderata..! –

Così ho imparato a non concedermi ai facili rapporti, evito di non intestardirmi a forzarli, tantomeno a rischiare di denudarmi ingenuamente rispetto al mio vissuto davanti a un possibile avversario. Forse percepisce la mia lena nel ripulire tutta una piazza come esotica vivacità e insieme come terribile apprensione domestica.. Per non abbassare le difese assesto un sinistro contro il suo cruccio, che mi è parso tanto una viscida mediazione tra un interrogatorio da dogana frontaliera e qualche ormone da sopire.. – Non penso che a questo punto la mia provenienza potrebbe interessarla; – cauta riprendo le distanze, per lo meno grammaticali, tornando terra terra anche per non spingermi in ulteriori scontri fatui. Valuto che proseguire nel mood da supercazzola sia abbastanza indolore: – Piuttosto, le varianti storiche d’imposizione e affermazione del dominio attraverso per l’appunto lo specismo e tramite costruzioni gerarchiche tra sistemi sociali, ci riguardano tutte e tutti, non risparmiano nessunx, a prescindere dalla catalogazione che subiamo, e dal ruolo globale assegnato ai nostri territori. Anche rispetto alle nostre scelte, non restiamo altro che pedine finché non siamo in grado di distruggere quelle stesse categorie di derivazione imperativa. – : – Guarda che ho colto che mi hai dato dello specista solo perché ti ho distinta da una messicana-tipo.. – : – Meno male che si limita a cogliere ciò che gli viene offerto invece di pretenderlo con viole

E devo ribadirlo. Frasi come quella su cui ha scherzato all’inizio possono scoprire ferite profonde. Dove si combatte senza compromesso ambientale, consapevoli di avere un nemico nella distribuzione di un benessere che non guarda affatto all’equilibrio naturale, veniamo ancora uccise vigliaccamente.

solo senso di appartenenza al luogo in cui vivo, quello sì.. ancor più perché vivo nomade!

Oh, sarà vero che le coscienze spesso non s’avvedono finché non sperimentano.. Ma il mondo è pieno di percorsi di convivenza organica, di reminescenze di quanto la cura di sé si intrecci a quella del proprio ambiente, di culture che non rinunciano a una personale impronta politica, che non scadono nella trattazione macrofaga che immola le risorse naturali sugli altari monolitici della speculazione, concependo i propri bisogni senza che questi prosciughino le risorse e si convertano in cause antropiche di catastrofi climatiche. Il valore che si attribuisce ad un’accumulazione senza coscienza dei legami che intratteniamo, volenti o nolenti, non ha nulla a che vedere con l’equilibrio sociale

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Io stavo benissimo anche sola, a dividere i rifiuti, aspettare l’alba. per caso tu ad aver bisogno di compagnia? Il mondo è pieno di conoscenze improntate alla convivenza organica, alla cura di sé intrecciata a quella del proprio ambiente senza rinunciare a una personale impronta politica senza scadere nella trattazione macrofaga che immola le risorse naturali sugli altari monolitici della speculazione, concependo i propri bisogni senza che questi prosciughino le risorse e si convertano in cause antropiche di catastrofi climatiche. Il valore che si attribuisce ad un’accumulazione senza coscienza dei legami che intratteniamo, volenti o nolenti, non ha nulla a che vedere con l’equilibrio sociale, così come il nostro corpo non viene certo rinvigorito da immagazzinamento in eccesso di nutrienti saturi nelle aree di comando e carenze vitaminiche e predisposizione batterica nelle articolazioni periferiche… Mentre calcoli demografici come quello per cui “meno figli si hanno, meglio staranno” appaiono tanto scontati nel rimbalzo tra comfort utilities tecnologiche e la burocrazia punitiva del welfare, che hanno l’effetto di ripensare la qualità come soluzione tra competitors e all’agiatezza come obiettivo sociale. Mentalismi che negli anni ‘80 erano meglio riconosciuti come un modello di propaganda teso a squarciare la rivendicazione femminista sulla scelta riproduttiva, per sterilizzarla in senso reazionario e classista con l’intento esplicito di debellare le minoranze culturali capaci di autonomia. Per le spinte neoliberali risultavamo semplicemente sconvenienti, iniziarono a discreditarci come parassitarie, per l’ostruzione all’espansione d’interessi nei territori che occupavamo.. persino tra i campesinos più anticapitalisti del Chiapas.. Ecco, qui ci deridono mentre si calano psicofarmaci.. si rinuncia a una personale impronta politica nell’impostare relazioni e concepire i bisogni, si ricade in una politica dalla prospettiva macrofaga, sì, quella , sistemica, da cui tutti si dissociano ma entro cui si lasciamo forgiare.

Lui, oltremodo irritato, si allontana lasciandosi scappare un calcio secco contro una valigetta, probabile altro residuo del mercatino, prima di girare l’angolo..

La sigaretta che gli ho fatto accendere si sta fumando da sola.. sarà vero che le coscienze spesso non s’avvedono finché non sperimentano.. . Mh, mi squadra come se non riuscisse a trovarmi una collocazione sociale; dopo il farmaco, ci manca solo che mi proponga un lavoro! Oh, sapesse, non mi manca affatto ciò che non mi viene attribuito! Non cerco alcun palliativo, né alcun approdo, mi ingannerei! Sono già cresciuta in posti meravigliosi. Tra percorsi di convivenza organica, di reminescenze di quanto la cura di sé si intrecci a quella del proprio ambiente, comunità che non rinunciano a una personale impronta politica, che non scadono nella trattazione macrofaga che immola le risorse naturali sugli altari monolitici della speculazione, che scelgono di concepire i propri bisogni senza che questi prosciughino le risorse e si convertano in cause antropiche di catastrofi climatiche..

Mentre sono china sento un piccolo tonfo. É inciampato, brontola contro una valigia. Fa un cenno di imbarazzo. Corro a vedere, dopo mesi di coperta appallottola in una busta di plastica un poco de suerte! Qualche toppa sdrucita sul rivestimento di fabbrica, in filato di lino! Un po’ optical.. odora degli anni in cui viaggiavo ancora insieme alla mia famiglia. Ha persino le ruotine.. Grazie! E non è vuota, porta un libro: The Gift: forms and functions of exchange in archaic societies. Mauss, 1922”.

Mi sento spiazzata da quel retaggio di ricerca antropologica, e come se mi si sia presentato un oggetto senza prezzo e insieme lo stesso mi trasmetta una spinta allo scambio, di ritorno.

In piemontese, dòira indica qualsiasi corso d’acqua, con le varianti doiron e doirëtta, alla base di molti idronimi e toponimi storici. L’idronimo dora risale alla radice preindoeuropea *dura/duria, diffusa in Europa.

D’altro canto, devo render conto di stare ricominciando da Borgo Dora, δῶρον, dōron… Dono. Non posso tradirmi sul significato.

Nel chiarore aurorale gli occhi del tizio del farmaco sembrano lucidi. Raccatto la valigia, gli porgo il libro, e ci lasciamo svanire nel contrasto della nebbia di borgata.


E anche questa notte è finita come l’avevo lasciata.

Ho solo una spalla indolenzita, posso sorridere della mia fortuna, anche se è tutta uno spiffero d’aria. Le dita dei piedi che supplicano di risparmiarle dall’ibernazione, per esempio, sarebbe meglio ascoltarle.. Uff, com’è che raggomitolarsi non è bastato, stanotte? Un momento porfa’, cari i miei piedi, insistete poco a sgranchirvi! Sto cercando di capire come coprirvi senza disfare la mia coperta di maglioni, perchè ho zero spinta a levarmi da quest’angolo di cemento.. Voglio concedermi qualche altro sbadiglio in bozzolo prima che i negozi apran.. – BE-BEEEEP!!! – Ahiahi, è già l’ora dei fottuti claxon!? Solo adesso mi accorgo del brulicare dei passeggiatori urbani. Ad ogni scalpicciò di tacchetti su marmo che rintronando sotto il porticato mi si avvicina, mi si blocca il respiro, sussulto. Nessuna voglia di farmi notare..

Devo comunque lasciare i pensieri paranoici sotto gli strati di trame che mi sanno avvolgere di intrecci colorati e calore artisano. La stoffa che lascio più a contatto con l’aria esterna è una flanella color pietra, una buona protezione. Camouflage tattico, per trincee di cemento, da far sentire ridicoli quelli che marciano, per le loro divise con i vecchi toni del verde. Ma tanto quelli sanno solo grattarsi i coglioni ed estrarre qualche arma, mentre la guerra la si stipula in cravatta e conti in banca. Qualcuno mi si avvicina per andare a prelevare della carta, noto che mi tengono d’occhio. Alla fine perchè temerli, se è là fuori che hanno paura di me? Lascio forse trapelare dalla tensione dei miei nervi, un certo tramare da istrice.. A proposito.. le mie dita sembrano staccarsi.. Oh, ci sieeete? Niente, movimento congelato, mo’ rischio che si dissocino completamente… off.

Come sempre, o camminare o paralisi. Come stimolo ad alzarmi, mi piace sfruttare l’indifferenza e gli sguardi storti che colgo in questa gente che mi fa shopping intorno. Il loro veleno, lo tramuto in poderoso medicamento, la loro intolleranza verso quellx come me, in autostima, di quella che dà la sensazione di essere dalla parte giusta del marciapiede. E questo significa una cosa, per iniziare: evitare di dare loro la soddisfazione di farmi l’elemosina. Daje. Ùn… deux.. et trrrUAh!! A stasera, maglioni belli. Ma.. dannazione, dove resta il sole, in mezzo a questa piattaforma di palazzi aziendali e di ombre precarie in cerca di contratto, che invadono le strade ma pretendono sicurezza!? Nel tentativo di orientarmi verso un’uscita, decido di seguire la direzione della cinciallegra che mi è appena volata sopra la testa, ma il suo profilo sfuma e infine evapora al contrasto della luce che finalmente trapela oltre l’isolato.

A quest’ora di solito mi metto a riflettermi nell’ottica di un’idolatria bastarda. Chissà quanto riuscirò a stare al passo di questi raggi, oggi? Ho una lista di paure che tra l’altro, in fondo, è cavernicola.. Sospira nello scontro tra un sincero istinto ancestrale e la morbosità di un antro pieno di catene chiodate, come nello sketch socratico che abbiamo impersonificato nello squat. Che diavolo, l’umanità e la recidività con cui crea prigioni..!! Credo che mi dovrei spostare da qui, ci sono troppi negozi aperti, frenesia in aumento..

Sì, meglio scendere al fiume che scorre sotto questo lastricato metropolitano.

Tutti spaccati questi gradini, come denti di pirata.. Che sommessa umiltà quaggiù, a fianco delle fognature.  Di tutto rispetto. Peccato sia un po’ troppo ventilato per venirci a dormire. Allora.. Che dice questa corrente? Invitante la sua potenza.. No, piano, non devo farmi prendere dallo sconforto.. Anzi! Sento sussurrarmi che dovrei raggiungere la sua sorgente, piuttosto. Se andassi verso il valico in questo momento potrei trovare qualche solidale prima di sera. E intanto raccogliere un bel mucchio di more per avere magari qualcosa di buono da offrire. Poi capire quale tracce di sentiero scegliere per oltrepassare.. No aspetta, inutile fare congetture a chilometri di distanza. Ma almeno la neve si sarà ritirata. Se mi ritrovo sperduta potrei farcela, dovessi pernottare nei boschi. Devo trovare qualche accendino e..

..beh, me la giocherò, la sopra c’è da recuperare di tutto.

Comunque.. Ci sono incognite più realisticamente odiose.. Come l’incontro di qualcuno che pretenda di identificarmi, o che si approfitti del mio isolamento, o entrambi i casi! D’accordo, ne ho scampate varie. Ma attenzione, il coraggio sembra assopirsi con l’ordinarietà.. Mi sto forse abituando a queste cittadine industriali dov’è tutto più prevedibile, sbrigativo, secco, automatico? Dove posso campare agilmente, proprio perché so balzare tra una pausa e l’altra di questi ritmi architettati? Gli scarti necessari al proseguimento industriale rappresentano un nulla a cui nell’ombra si può ancora dare valore..

L’ombra. Quando si riconosce oltre l’illusione, può farsi cospirazione.

Osservandosi come proiezione, scrollarsi dalla linearità d’opinione in cui si ritrova reclusa.. E risalire alla sua foce d’emissione. Curiosa. Smossa. È così si trovano i baglioni della ribellione, mica semplicemente fissando imbambolati le proprie fiaccole!!! E darsi conto che la maggioranza potrebbe perdersi entro pochi sguardi. Che poi, la potenza dell’umano già soccombe a cospetto di bistrattati microrganismi e degli insetti, che dei posti inospitali conoscono i segreti.. Eppure, credo di provarne pena. Non mi starò forse lasciando coinvolgere troppo, in queste ultime tappe, da quel limbo intriso d’isteria monetaria, e pieno di ferocia e di passività larvale, tanto rispetto all’affermezione di un sé quanto di un senso d’insieme?

Mi rivolgo alla mia intima ragione.

E mi rispondo che non basto a me stessa. Non posso accontentarmi dell’estraniarmi dall’irregimentazione globale, non più, almeno non totalmente.. Perché non si riponga come automatismo, in un’eterna fuga dell’uguale! Pur d’evitarlo, sono quasi pronta ad uscire dal rapporto univoco con me stessa e con ciò che posso percepire. Insomma, posso dirmelo, che mi sento a tratti sola? Ogni incontro talmente breve, che delle persone mi resta tutto da indovinare! Centinaia di mondi possibili a motivo di un abbigliamento sfoggiato, di un’espressione che sfugge, magari anche un dialogo, scambiato al di là della fretta. Chi vive con degli impegni, tra parenti, compagnie, colleghi.. sa forse rinunciare alle loro precise illusioni, al loro giudizio delimitante? Può davvero conosce altro da sé oltre la propria assegnazione di accerchiamento, può mai evadere da quella etnico-governativa? E chi riesce a riempirsi in altro modo se non attraverso il deriso dramma della ricostruzione dei propri volumi da cocci sparsi? Io stessa trattengo alcuni stralci di memorie, eppure, rispetto al “cosa” debba definirmi, ricomincio di continuo!

Torno dentro me. Ricomincio di continuo.. E da ciò che mi è contiguo.

Eeeh! Direte, pure la merda resta in ciclo grazie ai batteri vicini, cara, la merda di vossia! È persino d’esempio, claro, per noi sommersx.. Ma non perché ci sia affine, mi spiace.. Perchè nasce dall’eccesso di ingordigia.. e le manca la libertà di scegliere.. Come là sopra! Quando vi lucidate a specchio per correre a rappresentar le screenplays assegnate dalla regia dei vostri padroni, buttate nel cesso il sogno di giorni migliori e trattenere sofferenza. Se invece il vostro sogno è diventare padrone, niente, era già merda. Ma ci sono fibre tanto indigeste agli organismi statalisti che non si decompongono ad espletarne le funzioni. Le erbe selvatiche disintossicano le nostre cellule dal disprezzo con cui la preziosità delle loro posate le emarginano sul piatto.

Come fuggire dal cannibalismo funzionale che si esprime dietro a tante mura consortili, se non avvedendosi della propria interezza..

E curandola, presente dopo presente, In mille e una sfide contro certe secolari fiere, sarei stata abbattuta e fatta trofeo, se la vita non mi avesse insegnato a svolgermi entro sistemi paradossali tenendone ben stretti i bandoli mentre si corre. Ricominciando sempre dalla contingenza. La propria coerenza non sta forse nello scambio tra fibre, temperature, tensioni, suoni,.. Nel superamento del confine con cui l’ego si dissocia dalla reciprocità verso il proprio territorio?

Rapporti di dipendenza sociale, “strada spianata”,… Que fuckin’ hell!!

Esiste realizzazione? Le certezze non sono altro che un susseguirsi continuo di immagini, evanescenti nelle proprie riverberazioni. Impressioni che dall’istante in cui si manifestano vanno sbiadendo, prospettiva dopo prospettiva, ricacciando il qui ed ora tra le prigioni oscurantrici dell’attaccamento a ricordi interrotti, parcellizzati…

E quando mai viene ritenuto giusto lasciar scorrere,

solo per il gusto che essa scorra, piena,

senz’argini, la propria integrità? ➶

 

 

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